"Il bimbo che non gioca non è un bambino, ma l'adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che era dentro di sé e che gli mancherà molto."
Pablo Neruda
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Premessa: Non faccio il game designer di professione per cui mi posso permettere certe libertà che altrimenti potrebbero essere limitate, ma qualora lo diventassi, cercherei sempre di mantenerle.
Risposta ermetica: indipendenti dalle logiche di mercato.
Risposta breve: indipendenti dalle logiche di mercato. Anche se non ritengo assolutamente sia sbagliato, ci mancherebbe, usare tutte le armi a disposizione per vendere un gioco, purché rispetti dei requisiti minimi (per esempio che non abbia bug grossi come mufloni), parlando dal punto di vista autoriale, ritengo invece svantaggioso sul medio-lungo periodo, ed enormemente triste, che un autore inizi la creazione di un gioco dando maggior peso a quei fattori che determineranno una futura vendibilità piuttosto che quelli che ne farebbero un buon gioco (vedi paragrafo successivo).
Risposta articolata, mettiti comodo: partiamo dal fatto che io penso che l' equazione "buon gioco = gioco che vende bene", per quanto diffusa, sia completamente sbagliata, in quanto sposta tutto il peso su una componente economica che non fa altro che mercificare il gioco stesso. Purtroppo di questi tempi sembra essere normale ragionare di qualsiasi cosa in termini economici, ma trovo tutto questo svilente e poco veritiero in quanto, almeno per quanto riguarda l' ambito ludico, il gioco non nasce per essere venduto e trarre un guadagno in termini economici, ma per fare aggregazione, per divertire ed emozionare le persone, per insegnare le dinamiche esistenti nella vita reale, ma ricreate in un ambiente controllato, per far finire amicizie e a mio parere solo un gioco che soddisfa questi requisiti è un buon gioco (bè, consideriamo solo marginalmente il far finire le amicizie); per vendere poi, il gioco ha bisogno di rispettare altre regole, che di per sé non servono a definirlo un “buon gioco”. Va da sé che il mio obiettivo, la mia aspirazione, ciò che mi dà soddisfazione, è creare dei giochi che rispettino quei valori insiti nella natura stessa del gioco, questo è almeno quello che mi prefiggo, poi chiunque giocherà ai miei giochi potrà dare il proprio giudizio.
Sento spesso parlare di eleganza di un gioco, più che altro tra autori, ma a parer mio più che l’ eleganza penso debba essere ricercata l’ armonia. Questa distinzione per me è fondamentale in quanto l’ eleganza è una condizione che ha bisogno di una certa base culturale per essere apprezzata e pertanto riguarda solo un certo numero di persone, mentre l’ armonia è un concetto secondo me primordiale, insito in ciascuno di noi e per questo riconoscibile ed apprezzabile, pur su livelli diversi, da ogni persona.
Aspirando a ciò ritengo necessario che a tirare le fila della creazione del gioco, seguendo tutte le sue parti (aspetto tecnico, grafico e ambientazione) per renderle armoniose, ci debba essere una sola persona, che per me è l’ autore, nel caso specifico dei miei giochi, io. Per questo tendo ad autoprodurmi per quanto possibile poiché non voglio che, raggiunta una certa armonia tra tutte le parti, un eventuale editore stravolga il gioco per piegarlo all’ attuale trend di mercato, snaturandolo di fatto.
Questo non vuol dire che bisogna essere così ottusi da non voler neanche ascoltare ed accettare nuove idee, dico solo che queste debbano essere discusse ed approvate dall’ autore, per lo meno nel mio caso, in quanto egli ha in mente l’ idea di quello che vuol trasmettere col suo gioco, se poi non si trova l’ accordo con l’ editore, non importa, è ovviamente più che legittimo che quest’ ultimo sia libero di non accettare un gioco ritenendo che non possa restituirgli un profitto, credo però che sia importante che venga mantenuta l’ integrità del gioco stesso a discapito della pubblicabilità, almeno questo è importante per me.
Questo discorso mi porta inevitabilmente a parlare del mio processo creativo che sta dietro a ciascun gioco.
Credo sia più comprensibile usando una metafora, per me è come l’ acqua, non puoi, e pertanto è controproducente, cercare di afferrarla, quello che puoi fare è tentare di incanalarla in un percorso più o meno delimitato, ma sempre con la consapevolezza che possa bellamente distruggere tutto ed andarsene da tutt’ altra parte, l’ importante è lasciarla fluire.
Non tutti i processi sono uguali, qualcuno è come l’ acqua versata in un bicchiere che facilmente si controlla e prende la forma del bicchiere stesso, altre è come un torrente in piena che esonda e spazza via qualsiasi cosa sul suo cammino, riprendendosi lo spazio di cui ha bisogno per poi accogliere nuova acqua, ovviamente non mancano le vie di mezzo.
Detto questo, se sei arrivato fino a qui, non ti resta che provare qualcuno dei miei giochi e, se vuoi, iscriverti alla newsletter e seguirmi su facebook per essere aggiornato su tutti i progetti ;-)